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Tribunale di Bologna > appalto di manodopera
Data: 03/05/2005
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 357/05
Parti: Mulas / Banca Antoniana Popolare Veneta (ex B.N.A.)
LAVORO TEMPORANEO ILLECITO – DIVIETO DI INTERMEDIAZIONE DI MANODOPERA: SUSSISTENZA - COSTITUZIONE DI RAPPORTO A TEMPO INDETERMINATO ALLE DIPENDENZE DELL'UTILIZZATORE


TRIBUNALE DI BOLOGNA G.U. del 3.5.2005 n. 358/05 TRIBUNALE DI BOLOGNA G.U. del 3.5.2005 n. 357/05 TRIBUNALE DI BOLOGNA G.U. del 5.5.2005 n. 389/05 (Est. Dallacasa) Angela R. / TIM SpA

Art. 3 terzo comma lett. a) legge n. 196/1997

Art. 7 legge n. 196/1997

Legge n. 1369/1969

Art. 1364 cod. civ.

Art. 1367 cod. civ.

Art. 1366 cod. civ.

Tre giovani assunti da Agenzie di fornitura con contratto di lavoro temporaneo per la durata di sei mesi, poi prorogato di altri sei mesi, posti a disposizione della TIM SpA quali addetti al call center 119 con contratto di part time orizzontale, con separati ricorsi lamentavano – nei confronti di TIM – che il contratto era stato sottoscritto in mancanza delle condizioni che lo rendono lecito e in specie della temporaneità dell'esigenza aziendale; la carenza di motivazione; la violazione dell’art. 7 legge n. 196/97 in relazione all’obbligo di comunicazione alle RSA delle informazioni di cui al comma quarto; la violazione degli obblighi assunti in sede di contrattazione collettiva, quanto alle percentuali massime di assunzioni consentite di lavoratori temporanei sul totale degli occupati. La società si costituiva dichiarando di aver legittimamente utilizzato la lavoratrice ricorrendo il caso di “fabbisogni di maggiore organico connessi a situazioni di mercato contingenti e non consolidabili” (accordo 11.3.1999 tra l’Unione Industriali di Roma, con la partecipazione del Gruppo Telecom, e le OO.SS.). Sosteneva che la variabilità del mercato della telefonia, non prevedibile e condizionata dal comportamento degli utenti, oltre che influenzata dall’evolversi dei prodotti e dei servizi offerti, dall’attivazione di modalità diverse di gestione della clientela, giustificava la applicazione della clausola della contrattazione collettiva. Affermava poi che nel contratto di fornitura era specificato il motivo che giustificava il ricorso al lavoro temporaneo.

Il Tribunale di Bologna, con tre analoghe sentenze, rilevando che nel contratto di fornitura era stata riportata testualmente la citata causale senza ulteriori specificazioni, afferma che “la mera ripetizione della clausola contrattuale - ovvero l’uso di formule lessicali che per la loro genericità risultano prive di qualsiasi capacità descrittiva delle ragioni del ricorso al lavoro temporaneo - non è sufficiente a sancirne la sua legittimità”. Aggiunge poi che anche ove non si ritenga che la deduzione del motivo dell’assunzione costituisca un requisito di forma del contratto di fornitura o di quello di lavoro, è necessario che quantomeno in giudizio siano allegate e provate le specifiche situazioni di mercato che rendevano necessario il ricorso al lavoro temporaneo alla data della prima assunzione della ricorrente, ed alla data delle successive proroghe.

Nel richiamare la causale indicata nella contrattazione collettiva (situazioni di mercato) il Giudice osserva che in generale i mercati non sono mai statici, e la domanda varia in dipendenza della propensione sempre mutevole della clientela ad acquistare un prodotto od un servizio. Se intesa in questo senso, come mera registrazione della fluttuazione della domanda, quella clausola contrattuale perderebbe però ogni significato, perché il mercato è sempre congiunturale, e tanto varrebbe dire che il ricorso al lavoro temporaneo non incontra limiti di sorta. Ma – secondo il Giudice di Bologna – soccorre al riguardo la previsione dell’art. 1364 c.c. in forza del quale per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare; quella dell’art. 1367 c.c., in forza della quale le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono aver qualche effetto, anziché quello secondo cui non ne avrebbero alcuno; ed infine quella dell’art. 1366 c.c. in forza della quale il contratto deve essere interpretato secondo buona fede. E deve ritenersi contraria a buona fede una interpretazione della clausola che consenta di ritenere integrato il presupposto del ricorso al lavoro temporaneo sulla base di deduzioni ovvie (cioè che vi è concorrenza e che questa influenza il mercato) che rendono impossibile la ricostruzione dei fatti e della volontà delle parti per come essa si formò.

Neppure le motivazioni sostanziali addotte dalla TIM per il ricorso al lavoro temporaneo appaiono convincenti, ed in particolare la circostanza per la quale il traffico telefonico gestito dal servizio 119 - sia per l’attivazione di modalità di risposta automatica, sia per l’attribuzione a terzi del servizio – fosse nel tempo diminuito: tale riduzione infatti non dipende dalla variazione di una situazione di mercato, ma dalla attuazione di diverse modalità di organizzazione dell’impresa, attraverso una modifica degli strumenti tecnologici o contrattuali. Il Tribunale di Bologna conseguentemente ritiene che nel caso particolare le ragioni del ricorso al lavoro temporaneo non sorgano fuori dall’impresa, sul mercato, ma all’interno dell’impresa, al momento dell’organizzazione dei fattori produttivi e in funzione di un’organizzazione più snella che risparmi costo del lavoro: “è per il raggiungimento di tale scopo che si rende necessario spostare fuori dall’impresa porzioni del ciclo produttivo, ed è in vista di tale assetto che si ha bisogno di lavoro precario, di cui ci si possa facilmente liberare. E mentre il merito delle politiche di impresa è insindacabile, deve però rilevarsi che esse sono andate oltre quanto consentito dalla contrattazione collettiva in tema di lavoro interinale”.

Le conseguenze della violazione dell’art. 1 secondo comma della legge 196/97 sono quelle previste dal successivo art. 10, in forza del quale si applica la legge n. 1369/1960, secondo la normativa vigente all’epoca dei fatti: del resto la legge n. 196/97 aveva carattere derogatorio della disciplina imperativa stabilita dalla legge n. 1369/60, di modo che quando si fuoriusciva dagli ambiti soggettivi ed oggettivi della prima, non poteva che ricadersi nei divieti sanzionati dalla seconda. E sotto questo profilo è analoga la sanzione prevista oggi dal primo comma dell’art. 27 del dlgs. n. 276/03 in ipotesi di somministrazione irregolare.

In conclusione il Tribunale di Bologna ha dichiarato nulli i contratti di prestazione di lavoro temporaneo in quanto costituenti intermediazione di mere prestazioni di lavoro, e conseguentemente ritenuto i lavoratori a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che ne ha effettivamente utilizzato le prestazioni, e cioè di TIM SpA, condannando la stessa al pagamento delle retribuzioni nel frattempo maturate per tutto il tempo durante il quale i rapporti sono decorsi, non ritenendo “necessaria la formale messa a disposizione delle energie lavorative, e cioè la mora del creditore, perché vi è mora ex re del debitore, ai sensi dell’art. 1219 c.c., secondo comma, n. 1.”